Ahimsa
अहिंसा
In questo articolo scopriremo la grande importanza di coltivare la non violenza per chi pratica yoga, cercheremo anche di capire bene cos’è la non violenza e sopra tutto cosa non è.
Forse avrai sentito parlare di Patanjali, un uomo, o forse sarebbe meglio dire un illuminato, vissuto nell’antica india, che ha gettato le base dello yoga moderno attraverso un testo praticamente indispensabile per gli addetti ai lavori, parlo degli yoga sutra.
In questo testo Patanjali spiega in modo scientifico i passi che il praticante yoga deve fare per arrivare al fine ultimo, cioè all’illuminazione “il samadi”, sarà un caso che nel primo gradino, cioè nel capito che riguarda gli Yama, “Le rinuncie” il saggio come prima cosa fa riferimento all’ahimsa?
Secondo Patanjali il primo requisito che il praticante deve accogliere è la non violenza, solo quando si abbandonerà tutto quello che appartiene alla natura brutale umana infatti, ci si potrà volgere verso quella che è la sua natura divina.
Per Ahimsa si intende l’assenza di desiderio di nuocere o uccidere, non è sufficiente adottare azioni pacifiche, bisogna lavorare profondamente dentro di sé, per individuare e correggere anche gli atteggiamenti più profondi.
Fra i maggiori esponenti di questo pensiero bisogna necessariamente nominare Gandhi, che si espresse in una non violenza attiva, coniando il concetto di Satyagraha questo termine deriva dall’unione di due termini sancriti, Satya (Verità) e Graha (Forza).
Gandi vuole distinguere la non violenza di chi non reagisce alla non violenza per paura, da chi non reagisce alla violenza per una scelta interiore, optando per una non violenza che può reagire. Satyagraha è da intendersi come un atteggiamento attivo, e non semplicemente come un non reagire, è dunque un altro tipo di forza, più vicina alla verità, che cerca di sconfiggere la violenza, e non il violento.
Satyagraha è la forza che nasce dalla verità e dall’amore e se il mondo intero adottasse la legge occhio per occhio, tutti diventerebbero ciechi.
La non violenza è essere in armonia con la natura dell’universo stesso, poiché la vera essenza dell’universo è l’amore, è il desiderio di abbandonare il male e volgersi al bene.
Per uno yogi Ahimsa è una decisone radicale di volgersi alla verità assoluta, ed è il presupposto da cui può nascere l’ascesi di un iniziato verso il proprio Sè.
Non è legato tanto all’ azione esterna, quanto ad un’azione interna, che vuole scindere la natura inferiore dell’uomo dalla sua natura superiore, è un voltare le spalle alla propria natura inferiore e volgersi al divino, che è non violenza cioè Amore.
La non violenza espressa solo con azioni esterne senza una trasformazione interna non genera amore, ma solo altra violenza camuffata da amore o compassione, ma è il decidere di non creare violenza nell’universo, di cui anche noi facciamo parte. Ahimsa significa abbandonare interiormente tutte le tendenze negative che causano sofferenza agli altri e a noi stessi.
In realtà siamo violenti ogni qualvolta non ci identifichiamo con la realtà ultima, ma prima di arrivare al massimo principio dell’ahimsa dobbiamo adottare comportamenti che nutrono la non violenza nella nostra quotidianità.
La violenza si può esprimere nelle parole, nelle azioni e nei pensieri, dobbiamo iniziare innanzi tutto prendendo coscienza della violenza che creiamo, cercando poi di istruirci in comportamenti più pacifici.
La violenza è una forte energia che ci porta indietro, impedendoci di avanzare nel nostro cammino evolutivo, emozioni come rancore, odio, vendetta, invidia, gelosia, giudizio, avarizia, sono espressioni di violenza, che a volte si trasformano in altrettante azioni violente e se vogliamo abbandonare la violenza, dobbiamo evitare o per lo meno evitare la compagnia di persone violente.
Nel sistema sottile l’Ahimsa si esprime maggiormente nel chakra del cuore, l’anahata, perché in esso si sviluppa la compassione, e l’amore per la verità. Cresce il senso di unione che ci avvicina anche alla persona che si esprime in maniera violenta, e ci fa notare l’ignoranza o in senso più ampio, la nescenza in cui è caduto.
Molti decidono di essere non violenti anche nel mangiare, scegliendo una dieta vegetariana o vegana, devo prima di tutto dirti che sono un vegetariano, è penso che ognuno deve essere libero di alimentarsi come crede, quella che seguirà sarà solo la spiegazione dell’alimentazione dal punto di vista dello yoga, secondo l’ahimsa, e non un giudizio nei confronti di chi sceglie di mangiare carne.
Si può scegliere di diventare vegetariano per scopo salutare, poichè molti pensano che la carne, specialmente quella rossa aumenti la possibilità di sviluppare tumori, o anche per una scelta ambientalista, lo so, sembra strano ma non è così assurdo.
Considerando che per produrre un chilo di carne occorrono 13 chili di mangime, 9 chili di petrolio e ben 15000 litri di acqua!!!, sembra impossibile ma è così, se si calcola anche l’acqua per produrre i cereali e per pulire le stalle, oltre ai circa 50 litri di acqua che beve mediamente al giorno un bovino.
Fra le varie scelte la più abbracciata è sicuramente quella di non procurare violenza agli animali, o sarebbe meglio dire anima-li, non sarò qui a fare un articolo sulle ragioni del vegetarianesimo, anche perchè in natura non è possibbile essere totalmente non violenti, anche le pianti a loro modo percepiscono, e si uccide anche solo facendo bollire dell’acqua, infatti molti batteri in questo processo muoiono, anche se a differenza degli animali, non provano sentimenti ed emozioni come la paura, la felicità o la tristezza.
Citando la famosa frase “nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”, ricordiamo che è l’intenzione e la consapevolezza con cui trasformiamo le cose in noi ed intorno a noi che fa la differenza.
Dunque se mangi carne tutto ok, cerca solo di non esagerare, e di essere consapevole che un essere senziente si è sacrificato per nutrirti.
Durante una lezione di hata yoga l’ahimsa si esprime prima di tutto verso se stessi, ogni asana deve essere sviluppata rispettando i propri limiti fisici, il corpo deve essere visto come una estensione del nostro essere. Il corpo racchiude in sé blocchi e tensioni fisiche che sono anche espressione di qualcosa di più profondo.
L’atteggiamento giusto che dobbiamo avere nei confronti del nostro corpo è quello che avremmo nei confronti di un caro amico, anzi come quello che avremmo nei confronti del nostro più caro amico, perché così è.
Il nostro corpo è lo strumento che la nostra anima ha a disposizione per sperimentare e sperimentarsi in questa vita, è il mezzo attraverso il quale la nostra anima evolve su questo piano materiale.
Deve per questo motivo essere trattato con la giusta cura e il dovuto rispetto.
Nel nostro corpo sono racchiuse anche memorie profonde che appartengono al nostro passato e che spesso si manifestano in nodi, tensioni e problemi di vario genere.
In un’asana, attraverso il giusto atteggiamento e secondo l’ahimsa, possiamo portare beneficio in noi stessi, dobbiamo rinunciare a lottare contro i nostri limiti corporei.
La resistenza che il nostro corpo oppone ad un allungamento non va combattuta ma considerata una parte integrante di noi, va osservata, accolta, abbracciata e trattata con grande cura, lasciandogli il tempo necessario affinché possa fidarsi di noi.
“Durante la pratica sii gentile con il tuo respiro, con il tuo corpo e con i tuoi limiti.”